Artigianato
Fin dal Medio Evo il borgo di Chiavari fu caratterizzato da una vivace attività artigianale e mercantile, che nei secoli contribuì a delineare l’aspetto peculiare della città. Nuovo impulso alle attività venne dalla Società Economica, fondata dal 1791, che promosse la Mostra del Tigullio, vetrina delle attività produttive locali.
Mobilieri e intagliatori
Nei secoli scorsi erano rinomati i bancalari, che lavoravano il legno dei boschi dell’entroterra di Chiavari, borgo che, insieme a Savona, costituiva il più florido mercato ligure di legname. L’abbondanza di materia prima incoraggiò sia la produzione dei remi di faggio – esiste tutt’oggi nel centro storico la “Via dei Remolari”-, che quella di arredi lignei ispirati a modelli genovesi, molti dei quali si possono ancora ammirare all’interno degli edifici sacri della zona.
Per quanto concerne invece il mobilio di uso civile, erano probabilmente gli artigiani genovesi a rifornire il mercato; essi, riuniti in una corporazione, già dal ‘500 avevano tentato di stabilire un sorta di protezionismo dapprima richiedendo agli iscritti la residenza obbligatoria in Genova, in seguito stabilendo la possibilità di iscriversi all’Arte a pagamento con l’obbligo, per i forestieri, di versare tariffe superiori ai genovesi. Era inoltre vietata l’importazione di prodotti eseguiti fuori città. La produzione degli ebanisti chiavaresi doveva pertanto limitarsi a manufatti ispirati a modelli genovesi.
Dal ‘500 si diffuse il gusto per l’intaglio, che si inserisce nella grande tradizione ligure avviata nel XV secolo e culminata nel XVIII con l’esperienza di A.M. Maragliano.
Nel 1574 operava nella Collegiata di Pietrasanta il chiavarese Paolo Manfredi; altro celebre intagliatore fu Michelangelo Torriglia, che nel 1632 realizzò il coro della chiesa di S. Giovanni Battista, riccamente decorato, come pure quello di S. Giacomo di Rupinaro. Più sobri sono invece gli stalli del coro di Nostra Signora dell’Orto (1738), provenienti dalla chiesa di S. Francesco e riadattati nel 1813 per la Cattedrale da Giulio Descalzi, maestro di Giuseppe Gaetano Descalzi, “il Campanino”.
Le sedie di Chiavari
La creazione delle sedie di Chiavari risale al 1807, anno in cui il marchese Stefano Rivarola portò a Chiavari alcune sedie parigine e chiese agli artigiani locali di imitarle. Soltanto uno accettò di realizzare il lavoro: era Giuseppe Gaetano Descalzi, figlio di un noto bottaio e nipote del campanaro della chiesa di Bacezza, motivo per cui veniva soprannominato “Campanino”.
Egli, elaborando il modello parigino, creò un nuovo tipo di seggiola estremamente leggera e, nel contempo, resistente, caratterizzata da una linea snella e arrotondata, che rispettava la curvatura naturale del legno.
La leggerezza era data dall’uso del legno di acero (oggi si preferisce quello di ciliegio e di faggio); la robustezza derivava dalla tecnica di montaggio, ottenuta incastrando i componenti e incollandoli con una colla a caldo prodotta con ossa animali. I sedili venivano realizzati direttamente sulla seggiola con l’intreccio di quattro strisce di corteccia di salice.
Le sedie “campanino” incontrarono molto favore nelle corti europee dell’800, a Napoli come a Mosca, a Torino come a Vienna e, dagli anni ‘30 del ‘900, vengono esportate in tutto il mondo. Anche Antonio Canova le apprezzò per l’unione della maggiore leggerezza alla massimo solidità.
Un tempo i laboratori sediari erano concentrati nell’antico quartiere di Rupinaro; col tempo tuttavia il loro numero si è ridotto alle poche ditte rappresentate in questa mostra.
Il macramè
Questa tipica produzione proviene direttamente dal mondo arabo, con cui i naviganti liguri avevano rapporti nel Medio Evo: il nome macramè deriva infatti dall’arabo migraham= frangia per guarnizione.
Alla fine del ‘400 coloro che esercitavano questa attività confluirono nella corporazione dei Tovagliari, appena sorta in Liguria, finché nel ‘600 il macramè conobbe il momento di maggiore diffusione. Ancora nel ‘700 era apprezzato per guarnire la biancheria da casa.
La lavorazione è complessa e si ottiene annodando i fili delle frange degli asciugamani, lavorando dunque con le sole dita, senza l’ausilio di alcun strumento.
Nei secoli passati le donne chiavaresi erano solite lavorare, in gruppo, sotto i porticati del centro storico; la produzione era destinata all’esportazione (soprattutto verso l’America del Sud) e anche Casa Savoia apprezzava particolarmente il macramè di Chiavari.
A poco a poco anche questo artigianato ha conosciuto una drastica contrazione.
Bibliografia
L’arte della sedia a Chiavari, catalogo della mostra, a cura di L. Pessa-C. Montagni, Genova 1985.
L’antica arte del macramè, a cura di M.D. Lunghi-L. Pessa, Genova 1987.
M.D. Lunghi-L. Pessa, Macramè. L’arte del pizzo a nodi nei paesi mediterranei, Genova 1996.
Personaggi famosi
Vincenzo Costaguta (1612-1660). Già suo padre Prospero aveva occupato un posto di spicco nell’Urbe come senatore di Roma, agente della Repubblica di Genova e governatore della Confraternita di San Giovanni Battista de’ Genovesi; nel 1645 i Costaguta erano stati insigniti marchesi di Sipicciano e signori di Roccalvecce nel Viterbese, dal Pontefice. Vincenzo, dottore in diritto civile e canonico, si trasferì da Chiavari a Roma al tempo del pontificato di Innocenzo X; protonotario apostolico, cardinale, fu segretario della Camera Apostolica. Nel dicembre del 1655 ricevette a Roma la regina Cristina di Svezia, con la quale usava trattenersi a lungo per dissertare di storia, di matematica e di musica, materie delle quali egli era profondo conoscitore.
Andrea Costaguta (1610-1670). Frate carmelitano e architetto, nel 1638 fu accolto dalla duchessa Cristina alla Corte sabauda, dove fu nominato consigliere e teologo di Sua Altezza Reale. A lui si deve il progetto del complesso di Santa Teresa dei carmelitani Scalzi e altri interventi nei castelli di Moncalieri e del Valentino. A seguito di un’oscura vicenda accadutagli nella natia Chiavari, nel 1655 fu processato e relegato nel convento di Sassoferrato.
Agostino Rivarola (1758-1842). Fratello del diplomatico Stefano Rivarola, fu protonotario apostolico al conclave di Venezia, nel 1800, delegato a Perugia e a Macerata, nel 1808 cadde prigioniero dei Francesi perché rimasto fedele al Papa. Governatore di Roma, fu creato cardinale nel 1817 e, come legato a Ravenna, condusse un’opera di repressione delle sette carbonare, che culminò con un processo che, nel 1825, vide condannati oltre 500 affiliati. L’anno seguente fu vittima di un attentato e, tornato a Roma, venne nominato prefetto delle Acque e Strade.