ITINERARIO 1
DA SAN GIACOMO DI RUPINARO
A PIAZZA MATTEOTTI

Chiesa di San Giacomo di Rupinaro
Chiesa di San Giacomo di Rupinaro

Chiesa di San Giacomo di Rupinaro. Fondata intorno al Mille, nel Medio Evo era detta San Giacomo de Arena, essendo situata sul litorale del mare che allora occupava l’attuale Corso Millo. Sorgeva su una via di pellegrinaggio diretta a Santiago di Compostela: era infatti dotata di un ospitale (oggi scomparso) e dal XIV secolo alla fine del XVIII fu tenuta in commenda dai Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme, che avevano tra le loro funzioni principali l’assistenza ai pellegrini. L’edificio venne ricostruito nel 1637 e nel 1937 fu realizzata la moderna facciata.

 

Borgolungo. Dal complesso della chiesa con ospitale di San Giacomo aveva inizio il Borgolungo, centro abitato ancor prima della fondazione del borgo voluto dal Comune di Genova nel 1178. L’insediamento traeva nome dalla particolare morfologia, caratterizzata da una doppia schiera di abitazioni allineate lungo l’asse viario delle odierne Vie Raggio e Ravaschieri. Lungo questa direttrice stradale erano allineate le case dei Fieschi e dei Ravaschieri, entrambi discendenti dai Conti di Lavagna, antichi detentori di questa porzione di territorio.

 

Palazzo Falcone-Marana
Palazzo Falcone-Marana

Palazzo Falcone-Marana. Fu costruito intorno al 1730 per la famiglia Falcone fuori dalla cinta muraria e restaurato nel 1870. Ha pianta pressoché quadrata; il balcone del piano nobile è sostenuto da mensole in stile barocco. Il vasto atrio comunica col giardino e due scaloni monumentali simmetrici danno accesso al piano nobile. Nel 1746 gli interni vennero arricchiti con affreschi di Giuseppe Galeotti.
L’abbattimento delle mura medievali che correvano verso est (lungo l’attuale Via delle Vecchie Mura) consentì nel XVIII secolo la realizzazione di un vasto giardino, secondo il concetto settecentesco di villa: nello spazio antistante l’edificio è ancora riconoscibile l’esedra, comunicante con Via Martiri della Liberazione attraverso un cancello.

 

Oratorio dei Filippini. L’edificio, sede dell’oratorio di Nostra Signora della Neve, eretto nel 1635, fu acquistato nel 1844 dai fratelli Giacomo e Agostino Rivarola, per destinarlo alla Congregazione dei Filippini, fondata a Chiavari nel XVII secolo dal sacerdote Gregorio Costaguta e provvisoriamente ospitata nella chiesa di Nostra Signora dell’Orto. Ristrutturato dall’ing. Giacomo Tamburini, fu consacrato nel 1845, ma nel 1850 cessava la sua funzione. Attualmente è sede di manifestazioni culturali.

 

Chiesa di San Giovanni Battista
Chiesa di San Giovanni Battista

Chiesa di San Giovanni Battista. La piazza di San Giovanni nel Medio Evo era l’unica interna al borgo medievale, sulla quale si affacciavano la chiesa omonima, il palazzo del Podestà (spostato nella Cittadella all’inizio del XV secolo) e le dimore della famiglia Ravaschieri (lungo la via che ne ha preso il nome).
La chiesa sorge sulle rovine di una cappella fondata, secondo la tradizione, intorno al 1182 dall’arciprete di Lavagna Bardo di Lavagna (della linea dei Conti che avrebbe originato la famiglia Fieschi). Negli anni 1462-68 il maestro Bernardo Giovanni di Luma da Como curò un primo restauro dell’edificio, successivamente (1624) ristrutturato da Andrea Ceresola, detto il Vannone, architetto della Repubblica di Genova. In quell’occasione la nobile famiglia Costaguta commissionò a Bartolomeo Bianco la costruzione dell’abside, nella quale si trovano infatti i sepolcri di alcuni membri della casata. La moderna facciata fu realizzata nel 1935 su disegno dell’arch. Gaetano Moretti.
All’interno sono conservate opere di Bernardino Fasolo (XV sec.), Gian Battista Carlone, Domenico Piola, Orazio De Ferrari, Domenico Fiasella (XVII sec.), Giuseppe Galeotti (XVIII sec.); un Crocifisso ligneo di Antonio M. Maragliano.

 

Via Ravaschieri. I Ravaschieri, discendenti dei Conti di Lavagna, già dal Medio Evo possedevano i loro palazzi in questa zona, affacciati sulla strada (attuale Via Ravaschieri) e aperti sul retro verso le mura e il castello. Le abitazioni, disposte “a schiera” e dotate di porticati, nel XVII secolo furono rifuse per creare i palazzi gentilizi e le originarie logge furono tamponate. Appartenevano ai Ravaschieri gli edifici oggi identificabili nei civici di Piazza San Giovanni 1 (Palazzo Agrifoglio-Ghio), Via Raggio 2 (Palazzo Cesena), Via Ravaschieri 1 (Palazzo Ravaschieri-Repetto, dotato di un elegante paramento murario bicromo), 15 (Palazzo della Società Economica), 19 (Palazzo Ravaschieri).
Sullo spigolo dell’edificio posto di fronte al Parco Rocca sono ancora visibili resti delle mura medievali che scendevano dal castello soprastante.

 

Palazzo Ravaschieri. Appartenne alla famiglia Ravaschieri e passò successivamente ai Rivarola. Come i palazzi vicini, è il risultato della rifusione di tre elementi medievali a schiera, porticati al piano terra e con due piani soprastanti, secondo una tipologia che caratterizza ancor oggi il centro storico chiavarese.
Al XVI secolo risale l’accorpamento della schiera centrale con quella orientale, ovvero la nascita del palazzo vero e proprio con scala, cavedio loggiato e volte a padiglione lunettato al piano nobile. La tamponatura del portico contribuì ad ottenere l’effetto di monumentalità e ad unificare la facciata, in linea con il gusto architettonico dell’epoca, che si andava evolvendo verso i palazzi signorili isolati e senza portici.
Alla seconda metà del Seicento risalgono il portale di accesso in marmo, il portone in legno di pioppo rivestito con lamiera di ferro chiodata, l’atrio coperto a padiglione lunettato con peducci in stucco, lo scalone centrale in ardesia arricchito con due colonne caposcala (di cui quella al primo piano con capitello corinzio e stemma dei Rivarola, all’epoca proprietari del Palazzo) e balaustre in marmo, e la chiostrina. In quest’ultima si scorgono alcune colonne parzialmente inglobate nella muratura, probabile indizio di un loggiato preesistente, successivamente tamponato.
L’aspetto attuale del palazzo con la facciata, i balaustrini in marmo, gli interni decorati, risale al periodo compreso tra la fine del XVIII e la prima metà del XIX secolo.

 

Palazzo “dei portici neri”
Palazzo “dei portici neri”

Palazzo “dei portici neri”. Sorse nel XIII secolo immediatamente sotto al castello e nei pressi delle mura medievali, e al tempo apparteneva ad Opizzo Fieschi.
L’elegante facciata è tornata alla luce in occasione dei restauri effettuati nel 1959. Il motivo “a bugnato” del portico è separato mediante archetti pensili dal piano superiore, dotato di paramento bicromo, ripreso nei conci delle trifore del terzo piano. La varietà cromatica dei materiali utilizzati nei diversi piani contribuisce a conferire un senso di leggerezza alla struttura, sopraelevata nel Sette-Ottocento.
Tra il XVI e il XVII secolo il palazzo subì pesanti interventi, con l’apertura delle finestre ottenuta con lo sfondamento delle monofore e delle trifore, e la facciata fu ricoperta con un intonaco graffiato, ancora leggibile nella parte centrale, sulla quale è effigiato lo stemma della famiglia Vaccà.

 

Palazzo Rocca. Fu realizzato sullo spigolo delle mura medievali da Bartolomeo Bianco tra il 1626 e il 1635 per la nobile famiglia Costaguta. Intorno al 1760 ne entrarono in possesso i genovesi Ranieri e Gerolamo Grimaldi, che ampliarono verso levante il palazzo, che in epoca napoleonica fu sede della Prefettura francese. Durante il Regno sabaudo vi risiedeva il sottoprefetto; nel 1865 ricopriva la carica il padre di Enrico Millo, l’eroe dell’impresa dei Dardanelli nella guerra italo-turca (1912), che qui nacque.
Nel 1824, a seguito del matrimonio dell’ultima erede Grimaldi con Ignazio Alessandro Pallavicini, l’edificio passò a quest’illustre casata genovese Nel 1903 fu venduto a Giuseppe Rocca, un chiavarese che aveva trovato fortuna in Argentina, al quale si deve la moderna ristrutturazione e la creazione del retrostante Parco, nel quale si trovano essenze rare e pregiate, portate da Rocca dal Sudamerica. Per disposizione testamentaria dell’ultimo proprietario, il palazzo pervenne al Comune e fu trasformato in museo. Al suo interno sono visitabili la Galleria Civica e il Museo Archeologico. www.comune.chiavari.ge.it

 

Piazza Matteotti
Piazza Matteotti – foto di Agnese Ghisellini

Piazza Matteotti (già Piazza di Capoborgo, poi San Francesco). Sul lato a monte correvano le mura medievali, nelle quali si apriva la Porta di Capo Borgo. All’angolo con l’attuale Via Delpino, sullo spigolo della cinta, si trovava il bastione di San Francesco. Su Piazza Matteotti convergono le Vie Costaguta, Martiri della Liberazione e Ravaschieri, antiche direttrici del borgo medievale; le Vie Entella, Vittorio Veneto e Corso Garibaldi, progettato nel 1846 dall’ingegner Galliano. E’ detta anche Piazza delle Carrozze perché tra Sette e Ottocento vi si trovava la stazione dei trasporti pubblici a carrozza, appunto. Da vedere:

. Da vedere:

  • MONUMENTO A GIUSEPPE GARIBALDI. Opera dello scultore Augusto Rivalta (già autore del monumento a Giuseppe Mazzini, nell’omonima piazza), fu inaugurato il 12 ottobre 1890.
  • EDICOLA. Fu realizzata nel 1631 dallo scultore Giuseppe Ferrandino su commissione di Achille Costaguta, che la volle collocare nella cappella gentilizia all’interno della chiesa di San Francesco. In epoca imprecisata e per motivi non noti venne poi spostata all’esterno.
  • TEATRO CINEMA CANTERO. Porta il nome della famiglia che dal 1908 aveva curato le proiezioni cinematografiche nella chiesa sconsacrata di San Francesco. La struttura, progettata dall’ingegnere chiavarese Ido Gazzano, fu inaugurata ufficialmente nel 1937 con la Tosca di Puccini, diretta dal maestro Angelo Costaguta.

 

Piazza San Francesco
Piazza San Francesco

Piazza San Francesco. Vi si trova la CHIESA DI SAN FRANCESCO. Fondata nella prima metà del XIII secolo da due membri di Casa Fieschi, Andrea e il cardinale Guglielmo, nipoti di papa di Innocenzo IV (Sinibaldo Fieschi), fu dedicata al Santo che secondo la tradizione nel 1216 sarebbe passato per Chiavari. Poco dopo vi fu annesso il convento dei Francescani, il cui chiostro è ancora leggibile. L’edificio fu restaurato nel 1630 dal capo d’opera Francesco Bianco (nipote del più celebre Bartolomeo), su commissione della famiglia Costaguta, che aveva all’interno la propria cappella gentilizia affrescata da Gio. Battista Carlone. Il complesso, sconsacrato all’inizio del XIX secolo, pervenne al Comune di Chiavari, che ne è tutt’oggi proprietario. Nel 2002 la chiesa è stata trasformata in Auditorium. Alle sue spalle è ancora leggibile il chiostro del convento francescano.

 

Crocetta. L’oratorio della Crocetta (o di San Giovani Decollato) ospitava un’associazione religiosa a carattere privato e aristocratico, sorta nel 1572 per iniziativa del prelato chiavarese Matteo Rivarola. Scopo dei confratelli, detti Crocetarii e appartenenti alle maggiori famiglie della zona, era l’assistenza ai condannati a morte e l’insegnamento della dottrina cristiana. L’edificio fu sconsacrato entro la fine del XVIII secolo e attualmente è sede di uffici comunali.
Da Piazza San Francesco si accede al Parco Rocca www.comune.chiavari.ge.it.

 

Via Entella. Con la parallela via Vittorio Veneto erano gli assi viari dell’antico Capoborgo, il rione sorto al di fuori delle mura orientali di Chiavari. Via Entella, in particolare, ricalca il percorso dall’antica strada litoranea che proveniva dall’estremo Levante ligure, percorsa da viaggiatori e pellegrini, dove nel 1355 il cerusico (chirurgo) Oberto Boninsegna fondò una struttura di accoglienza detta Casa di misericordia, affidata a tale Franceschina Cornasca. Dopo di lei, il successore Simone Gualterio scelse gli ospitalieri incaricati di prestare servizio ai bisognosi insieme alle terziarie francescane, alle quali la struttura fu consegnata nel 1424. Per volontà del papa la proprietà della Casa venne assegnata all’intera famiglia francescana, maschile e femminile, nel 1446.
Nel XV secolo la comunità assunse sempre più carattere monastico, mentre passava in secondo piano l’attivita ospitaliera a seguito dello sviluppo del vicino ospedale di San Cristoforo (lungo l’attuale via Vittorio Veneto). Fu educato qui, presso le zie che appartenevano alla comunità femminile, il beato Baldassarre Ravaschieri, frate dei Minori Osservanti ed apprezzato teologo e predicatore.
Tra il 1455 e il 1457 la Casa delle terziarie fu dotata di una cappella, fondata da maestro Paolo da Moneglia e dedicata a San Bernardino da Siena, che aveva predicato a Chiavari qualche anno prima. Altre donazioni si aggiunsero nel corso del tempo; particolarmente importante fu quella di Vincenzo Rivarola, che assegnò al convento una cospicua dotazione e ne promosse l’ampliamento insieme al restauro della chiesa, consacrata nel 1511.
La fase di avvio del nuovo monastero fu sostenuta dal nobile Vincenzo Rivarola, che nel 1508 commissionò al pittore pavese Lorenzo Fasolo il ciclo di affreschi con le Storie dalla vita di Cristo ed il pregevole Compianto sul Cristo morto. Il dipinto su tavola raffigura la deposizione di Gesù circondato dai Santi Bernardino, Gioacchino, Francesco, Antonio da Padova, Anna, Cristoforo e Antonio Abate; ai suoi piedi S. Chiara e, in basso, le monache ed il committente con la famiglia.
Dal 1513 le religiose abbracciarono la regola di Santa Chiara e la clausura. Durante l’Impero napoleonico (1810-1814) la comunità sfuggì alla soppressione in seguito all’impegno assunto di ospitare, assistere ed istruire le giovani povere della città e dei dintorni.
Rientrate in possesso dei beni, le suore Clarisse rimasero a Chiavari fino al 1995.
Attualmente l’antico convento è proprietà privata, mentre la chiesa di San Bernardino è tuttora aperta al culto.

ITINERARIO 2
DA VIA RIVAROLA A PIAZZA NOSTRA SIGNORA DELL’ORTO

Chiavari: antichi portici di Via Rivarola
Chiavari: antichi portici di Via Rivarola

Via Rivarola. Era una delle vie che delimitavano le fasce edificate del borgo genovese del XII secolo. Il suo nome ricorda una delle maggiori famiglie chiavaresi, investita del titolo marchionale dall’Imperatore alla fine del ‘400. Da vedere la loggia detta “dei Rosacroce”, con un capitello decorato con una figura umana recante una piccola rosa sulla fronte (XV secolo). La presenza della rosa e alcuni simboli alchemici incisi sul fusto della colonna hanno ispirato la leggenda dell’esistenza in loco di una loggia di Rosacroce.
Accanto è la Casa detta “dei Garibaldi”, con eleganti portali inquadrati da stipiti e architravi in ardesia a rilievo.

Piazza Nostra Signora dell'Orto
Piazza Nostra Signora dell’Orto

Adiacente a Via Rivarola è la piazza Nostra Signora dell’Orto con l’omonima cattedrale.
Nel Medio Evo l’area della piazza era in gran parte occupata dal mare, che a poco a poco si ritirò creando quella che nel XVII secolo era detta piazza della Marina, raggiungibile dal borgo attraverso la Porta della Marina. Nella prima metà del Seicento la piazza iniziò ad assumere una propria fisionomia, con la costruzione del santuario di Nostra Signora dell’Orto e l’attiguo convento dei Carmelitani Scalzi, mentre la cinta muraria del borgo era ancora protetta dal fossato (lungo le attuali via Doria-via Delpino). A ridosso delle mura le abitazioni andavano moltiplicandosi e nel XVIII secolo i fossi furono colmati e trasformati in orti e giardini; un giardino affiancava anche la chiesa sul lato a mare (dove sarebbe poi sorto il Seminario).
Sul finire del secolo fu costruita l’elegante Villa Costa Zenoglio.
Nel periodo della Repubblica Ligure (1797-99) fu chiamata piazza del Popolo.
In epoca napoleonica fu teatro di pubbliche esecuzioni (nel 1807 vi fu installata la ghigliottina) e ospitò in varie occasioni le soldatesche di passaggio a Chiavari: nell’agosto 1799 le truppe austriache del gen. Klenau, nell’aprile 1849 quelle sarde del gen. Ramorino. Entro la metà dell’Ottocento la piazza, ormai intitolata a Nostra Signora dell’Orto, si arricchì del nuovo Palazzo Comunale e del Seminario; pochi anni più tardi la costruzione della ferrovia (1868) creò una netta cesura tra la zona a mare e questo grande spazio, che si arricchì poi del monumento a Vittorio Emanuele II (1898) e dell’imponente pronao della Cattedrale (1836-1907), davanti al quale fu poi creato il grande viale progettato dall’ing. Questa (1894).
Durante l’epidemia colerica del 1835 la popolazione, guidata dal rev. Antonio Maria Gianelli, arciprete di San Giovanni Battista e futuro santo, su questa piazza invocò l’intercessione della Madonna dell’Orto per la cessazione del contagio, annunciata da un volo di rondini levatesi da un platano (una targa presso i giardini ricorda l’evento).
Accanto alla Cattedrale, nell’edificio che ospita la Curia (già sede dei padri Carmelitani Scalzi che furono cacciati durante la rivoluzione del 1797), ha oggi sede il Museo Diocesano.
Il contiguo Seminario fu invece costruito nel XIX secolo ed ospita il Museo Scientifico “G. Sanguineti-G. Leonardini”.

ITINERARIO 3
DA PIAZZA NOSTRA SIGNORA DELL’ORTO A RUPINARO

Piazza Mazzini
Piazza Mazzini – foto di Agnese Ghisellini

Dalla Piazza della Madonna dell’Orto, dove si trova il monumento a Vittorio Emanuele II (opera dello scultore Luigi Brizzolara, 1898) si può rientrare nel centro storico attraverso Via della Cittadella, sulla quale si apriva nelle mura la Porta della Marina, all’altezza dell’attuale Municipio.

Lungo la Via Sant’Antonio si trovava l’omonimo oratorio, sede di confraternita e utilizzato come lazzaretto durante la peste del 1656 e come ufficio dogana alla fine del XVIII secolo; nel bastione delle mura attualmente è da visitare la Cereria Bancalari, attiva dal XVI secolo.

Nella parallela Via dei Remolari avevano sede i laboratori che producevano i remi per le galee genovesi, utilizzando il legno di faggio proveniente dal vicino Monte Penna. Tale produzione entrò in crisi nel XVIII secolo per la concorrenza delle industrie meridionali.

La vicina Piazza Mazzini (già Piazza Carlo Alberto) fu realizzata al momento della costruzione della Cittadella (inizio XV secolo), abbattendo un isolato. Su di essa prospetta la Cittadella (oggi Palazzo di Giustizia) e si trova il Monumento a Giuseppe Mazzini, bronzeo, di Augusto Rivalta (1888).

Percorrendo il Caroggio dritto in direzione ovest, si incontra Via delle Vecchie Mura, chiamata così perché vi correva la cinta muraria medievale che scendeva dal castello e, all’altezza di Via Martiri della Liberazione, vi si apriva la Porta di Rupinaro. Attraverso un antico sentiero si può arrivare al Castello (oggi proprietà privata), sorto nel 1167 per volere del Comune di Genova.

Il Castello. Fu costruito nel 1167 per volontà dei consoli genovesi su un colle in posizione dominante e panoramica, come presidio e avamposto nelle terre dei Conti di Lavagna, ostili a Genova. Nel 1178 si decise la creazione del borgo sottostante, che venne poi cinto da mura – di cui oggi restano brevi tracce – con tre porte e torri d’avvistamento.
Durante i suoi primi decenni di vita il Castello subì assedi, conquiste, ricostruzioni durante le lotte tra Genova e le famiglie feudali del territorio, Fieschi e Malaspina.
Con l’ampliarsi del borgo nella piana costiera e la conclusione delle lotte feudali, perse importanza e venne progressivamente abbandonato finché, a partire dal 1575, fu demolito in alcune sue parti in quanto “luogo di radunanza dei novatori e dei fuoriusciti”.
Oggi rimangono essenzialmente il torrione a monte con la terrazza su cui sventola la bandiera di Genova, due cisterne d’acqua che venivano usate per garantirsi la sopravvivenza durante gli assedi e una piazza d’armi fortificata. Il Castello oggi è di proprietà privata, ma sempre aperto per visite guidate di piccoli gruppi.

Ritornando sul Carrogio dritto e percorrendolo ancora verso ovest, si incontra il quartiere di Rupinaro, un tempo situato fuori dalle mura, e lungo Corso Millo e Corso Genova, si possono ammirare diverse ville otto-novecentesche, di gusto eclettico e liberty.

Corso Enrico Millo. In epoca antica il sedime era occupato dal mare e sul litorale sorse la Necropoli dell’Età del Ferro (in corrispondenza del civ. 21), con tombe a cassetta in ardesia contenenti urne cinerarie e corredi tombali di un gruppo umano evoluto e prospero appartenente alla tribù ligure dei Tigullii.

Gli apporti alluvionali del torrente Rupinaro colmarono l’originaria laguna lasciando ampi terreni fertili. L’urbanizzazione della zona iniziò dal 1869 (piano regolatore Timosci), quando esisteva qui un viale detto Corso Grimaldi poiché attraversava i beni di questa famiglia, che nel 1870 li cedette in permuta al Comune di Chiavari. Negli anni seguenti sorse nel primo tratto una serie di eleganti ville liberty edificate dalla “prima ondata” dei ritorni di famiglie che avevano fatto fortuna nelle Americhe (per questo sono chiamate ville dei Mericani). Particolarmente significative:

1 – VILLA BOBBIO (civ. 68), in stile neorinascimentale con elementi di derivazione eclettica. Progettata dall’arch. Dario Carbone (1893 ca.) per Luigi Bobbio, emigrato in Argenina nel 1863.

2 – VILLA SANGUINETI-PUCCIO, poi NORERO (civ. 62), ispirata al Rinascimento toscano (1890/93). I primi proprietari erano emigrati in Argentina; i Norero erano invece industriali dolciari in Ecuador. Fino al 1967 fu sede del Consolato ecuadoriano.

3 – PALAZZINA CANEPA (civ. 58), in stile coloniale (ing. Riccardo questa, 1893 ca.), costruita per i fratelli Francesco e Giovanni Canepa, titolari in Cile di un’industria di insaccati.

In viale Millo sorgono due benemeriti istituti di carità:

4 – Al civ. 9 si trova l’ISTITUTO BANCALARI-ARTIGIANELLI, sorto nel 1897 dalla fusione di due benemerite realtà assistenziali: l’Ospizio Bancalari per gli Artigianelli (fondato nel 1884 dal sacerdote Francesco Bancalari) e l’Opera Pia degli Artigianelli (fondata dal canonico Giuseppe Guerello). L’Istituto provvedeva all’educazione di fanciulli maschi poveri, orfani o abbandonati, avviandoli all’esercizio delle arti. Ancora oggi la Fondazione ospita e supporta un ente di formazione professionale che prepara i futuri artigiani.

5 – Sul lato di ponente (civ. 4) è il palazzo dell’ISTITUTO ASSAROTTI, costruito nel 1892 per ospitare la fondazione voluta nel 1874 dal cav. Gio. Batta Assarotti per “istruire ed educare i sordo-muti di ambo i sessi”, che ancora oggi opera a favore dei sordi.

All’inizio del XX secolo il viale era chiamato Corso Umberto I e nel 1943 fu intitolato all’ammiraglio Enrico Millo, protagonista dell’impresa dei Dardanelli (1912) durante la guerra italo-turca.

DINTORNI DI CHIAVARI

Santuario di Nostra Signora dell’Ulivo
Santuario di Nostra Signora delle Grazie
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