La rifondazione di Chiavari nel medioevo fu voluta dal Comune di Genova per contrastare in qualche modo la nascente potenza dei Conti di Lavagna.
Il primo atto è la fondazione – fra 1181 e 1182 – del primo edificio religioso all’interno di Chiavari: San Giovanni Battista, voluta da Bardo Fieschi. La chiesa ricostruita e ristrutturata nel corso del tempo, resta per secoli nell’orbita dei Fieschi o delle famiglie affini, quali i Ravaschieri: lo attesta per esempio l’altare della Madonna degli Angeli, dove tra i santi rappresentati nella tela eseguita da Giuseppe Ferrandini (inizio XVII secolo) si trova Santa Caterina Fieschi Adorno.
Passano poche decine d’anni e Ugo Fieschi, con un’operazione di grosso impegno, ricostruisce in pietra il ponte sull’Entella, agli apici del quale pone due edifici assistenziali: l’ospedale di San Lazzaro e la chiesa di Santa Maria Maddalena con ospizio. Quest’ultima conserva ancora l’impianto originario, caratterizzato dall’uso di una muratura a conci squadrati che rispetto alla prassi coeva hanno dimensioni notevoli, soprattutto in rapporto alla volumetria dell’edificio.
E sempre i Fieschi sono presenti nella fondazione della chiesa di San Francesco, di Sant’Eustachio, di San Cristoforo, o in quella di Santa Maria dell’Olivo in Bacezza.
Almeno dal Duecento, infine, compaiono attorno alla chiesa di San Giovanni Battista anche i palazzi civili – Rivarola, Ravaschieri, Fieschi -, i cui caratteri architettonici denunciano un cambiamento nella tipologia in uso a quest’epoca a Chiavari.
L’edificio più rappresentativo resta, però, il palazzo detto dei Portici neri o Portici alti, caratterizzato da peculiarità costruttive tipicamente urbane, rintracciabili, per esempio, nel palazzo di Alberto Fieschi a Genova (prima metà del XIII secolo). A un ampio porticato in bugnato a cuscino segue un primo piano in bicromia con trifore e un secondo in mattoni e trifore con ghiera bicroma. Un palazzo di notevoli qualità estetiche e di ampia superficie, atto a un personaggio di rango che oggi possiamo individuare con sicurezza in un membro della famiglia Fieschi.
Soggiornano a Chiavari lo scrittore francese Stendhal, grande amante dell’Italia, ed il compositore Franz Listz.
Alcuni “gioielli” Chiavaresi
Chiesa di San Giacomo di Rupinaro
Il Borgolungo. Dal complesso della chiesa con ospitale di San Giacomo aveva inizio il Borgolungo, centro abitato ancor prima della fondazione del borgo voluto dal Comune di Genova nel 1178. L’insediamento traeva nome dalla particolare morfologia, caratterizzata da una doppia schiera di abitazioni allineate lungo l’asse viario delle odierne Vie Raggio e Ravaschieri. Lungo questa direttrice stradale erano allineate le case dei Fieschi e dei Ravaschieri, entrambi discendenti dai Conti di Lavagna, antichi detentori di questa porzione di territorio.
Palazzo Falcone-Marana. Fu costruito intorno al 1730 per la famiglia Falcone fuori dalla cinta muraria e restaurato nel 1870. Ha pianta pressoché quadrata; il balcone del piano nobile è sostenuto da mensole in stile barocco. Il vasto atrio comunica col giardino e due scaloni monumentali simmetrici danno accesso al piano nobile. Nel 1746 gli interni vennero arricchiti con affreschi di Giuseppe Galeotti.
L’abbattimento delle mura medievali che correvano verso est (lungo l’attuale Via delle Vecchie Mura) consentì nel XVIII secolo la realizzazione di un vasto giardino, secondo il concetto settecentesco di villa: nello spazio antistante l’edificio è ancora riconoscibile l’esedra, comunicante con Via Martiri della Liberazione attraverso un cancello.
Oratorio dei Filippini. L’edificio, sede dell’oratorio di Nostra Signora della Neve, eretto nel 1635, fu acquistato nel 1844 dai fratelli Giacomo e Agostino Rivarola, per destinarlo alla Congregazione dei Filippini, fondata a Chiavari nel XVII secolo dal sacerdote Gregorio Costaguta e provvisoriamente ospitata nella chiesa di Nostra Signora dell’Orto. Ristrutturato dall’ing. Giacomo Tamburini, fu consacrato nel 1845, ma nel 1850 cessava la sua funzione. Attualmente è sede di manifestazioni culturali.
Via Ravaschieri. I Ravaschieri, discendenti dei Conti di Lavagna, già dal Medioevo possedevano i loro palazzi in questa zona, affacciati sulla strada (attuale Via Ravaschieri) e aperti sul retro verso le mura e il castello. Le abitazioni, disposte “a schiera” e dotate di porticati, nel XVII secolo furono rifuse per creare i palazzi gentilizi e le originarie logge furono tamponate. Appartenevano ai Ravaschieri gli edifici oggi identificabili nei civici di Piazza San Giovanni 1 – Palazzo Agrifoglio-Ghio – , Via Raggio 2 – Palazzo Casana -, Via Ravaschieri 1 – Palazzo Ravaschieri-Repetto, dotato di un elegante paramento murario bicromo, 15 – Palazzo della Società Economica, 19 – Palazzo Ravaschieri.
Sullo spigolo dell’edificio posto di fronte al Parco Rocca sono ancora visibili resti delle mura medievali che scendevano dal castello soprastante.
Palazzo “dei portici neri”. Sorse nel XIII secolo immediatamente sotto al castello e nei pressi delle mura medievali, e al tempo apparteneva ad Opizzo Fieschi. L’elegante facciata è tornata alla luce in occasione dei restauri effettuati nel 1959. Il motivo “a bugnato” del portico è separato mediante archetti pensili dal piano superiore, dotato di paramento bicromo, ripreso nei conci delle trifore del terzo piano. La varietà cromatica dei materiali utilizzati nei diversi piani contribuisce a conferire un senso di leggerezza alla struttura, sopraelevata nel Sette-Ottocento. Tra il XVI e il XVII secolo il palazzo subì pesanti interventi, con l’apertura delle finestre ottenuta con lo sfondamento delle monofore e delle trifore, e la facciata fu ricoperta con un intonaco graffiato, ancora leggibile nella parte centrale, sulla quale è effigiato lo stemma della famiglia Vaccà.
Palazzo Rocca. Fu realizzato sullo spigolo delle mura medievali da Bartolomeo Bianco tra il 1626 e il 1635 per la nobile famiglia Costaguta. Intorno al 1760 ne entrarono in possesso i genovesi Ranieri e Gerolamo Grimaldi, che ampliarono verso levante il palazzo, che in epoca napoleonica fu sede della Prefettura francese; nel 1824, a seguito del matrimonio dell’ultima erede Grimaldi con Ignazio Alessandro Pallavicini, l’edificio passò a quest’illustre casata genovese Nel 1903 fu venduto a Giuseppe Rocca, un chiavarese che aveva trovato fortuna in Argentina, al quale si deve la moderna ristrutturazione e la creazione del retrostante Parco, nel quale si trovano essenze rare e pregiate, portate da Rocca dal Sudamerica. Per disposizione testamentaria dell’ultimo proprietario, il palazzo pervenne al Comune e fu trasformato in museo. L’interno dello storico Palazzo Rocca si divide in vestibolo, cappella, salone, cucine, sala 1, sala 2, sala 3, sala 4, sala 5, sala 6, sala 7, sala 8, sala 9. Al suo interno sono visitabili la Galleria Civica e il Museo Archeologico. Nelle vicinanze si trova anche l’Auditorium San Francesco, ex chiesa fondata alla metà del XIII secolo, ora diventato centro culturale comunale.
Piazza Matteotti (già Piazza di Capoborgo, poi San Francesco). Sul lato a monte correvano le mura medievali, nelle quali si apriva la Porta di Capo Borgo. All’angolo con l’attuale Via Delpino, sullo spigolo della cinta, si trovava il bastione di San Francesco. Su Piazza Matteotti convergono le Vie Costaguta, Martiri della Liberazione e Ravaschieri, antiche direttrici del borgo medievale; le Vie Entella, Vittorio Veneto e Corso Garibaldi, progettato nel 1846 dall’ingegner Galliano. E’ detta anche Piazza delle Carrozze perché tra il ‘700 e l’800 vi si trovava la stazione dei trasporti pubblici a carrozza. Nella piazza si trova il Monumento a Giuseppe Garibaldi. Opera dello scultore Augusto Rivalta (già autore del monumento a Giuseppe Mazzini, nell’omonima piazza), fu inaugurato il 12 ottobre 1890.
Teatro Cinema Cantero. Porta il nome della famiglia che dal 1908 aveva curato le proiezioni cinematografiche nella chiesa sconsacrata di San Francesco. La struttura, progettata dall’ingegnere chiavarese Ido Gazzano, fu inaugurata ufficialmente nel 1937 con la Tosca di Puccini, diretta dal maestro Angelo Costaguta.
Piazza San Francesco. Vi si trova la Chiesa di San Francesco. Fondata nella prima metà del XIII secolo da due membri di Casa Fieschi, Andrea e il cardinale Guglielmo, nipoti di papa di Innocenzo IV (Sinibaldo Fieschi), fu dedicata al Santo che secondo la tradizione nel 1216 sarebbe passato per Chiavari. Poco dopo vi fu annesso il convento dei Francescani, il cui chiostro è ancora leggibile. L’edificio fu restaurato nel 1630 dal capo d’opera Francesco Bianco (nipote del più celebre Bartolomeo), su commissione della famiglia Costaguta, che aveva all’interno la propria cappella gentilizia affrescata da Gio Battista Carlone. Il complesso, sconsacrato all’inizio del XIX secolo, pervenne al Comune di Chiavari, che ne è tutt’oggi proprietario. Nel 2002 la chiesa è stata trasformata in Auditorium. Alle sue spalle è ancora leggibile il chiostro del convento francescano.
Da Piazza San Francesco si accede al Parco Villa Rocca.
Crocetta. L’oratorio della Crocetta (o di San Giovani Decollato) ospitava un’associazione religiosa a carattere privato e aristocratico, sorta nel 1572 per iniziativa del prelato chiavarese Matteo Rivarola. Scopo dei confratelli, detti Crocetarii e appartenenti alle maggiori famiglie della zona, era l’assistenza ai condannati a morte e l’insegnamento della dottrina cristiana. L’edificio fu sconsacrato entro la fine del XVIII secolo e attualmente è sede di uffici comunali.
Via Rivarola. Era una delle vie che delimitavano le fasce edificate del borgo genovese del XII secolo. Il suo nome ricorda una delle maggiori famiglie chiavaresi, investita del titolo marchionale dall’Imperatore alla fine del ‘400. Da vedere la loggia detta “dei Rosacroce”, con un capitello decorato con una figura umana recante una piccola rosa sulla fronte (XV secolo). La presenza della rosa e alcuni simboli alchemici incisi sul fusto della colonna hanno ispirato la leggenda dell’esistenza in loco di una loggia di Rosacroce.
Accanto è la Casa detta “dei Garibaldi”, con eleganti portali inquadrati da stipiti e architravi in ardesia a rilievo.
Sulla piazza omonima è la cattedrale di Nostra Signora dell’Orto.
Dalla Piazza della Madonna dell’Orto, dove si trova il Monumento a Vittorio Emanuele II – opera dello scultore Luigi Brizzolara, 1898 – si può rientrare nel centro storico attraverso Via della Cittadella, sulla quale si apriva nelle mura la Porta della Marina, all’altezza dell’attuale Municipio.
Lungo la Via Sant’Antonio si trovava l’omonimo oratorio, sede di confraternita e utilizzato come lazzaretto durante la peste del 1656 e come ufficio dogana alla fine del XVIII secolo.
Nel bastione delle mura attualmente è da visitare la Cereria Bancalari, attiva dal XVI secolo.
Nella parallela Via dei Remolari avevano sede i laboratori che producevano i remi per le galee genovesi, utilizzando il legno di faggio proveniente dal vicino Monte Penna. Tale produzione entrò in crisi nel XVIII secolo per la concorrenza delle industrie meridionali.
La vicina Piazza Mazzini (già Piazza Carlo Alberto) fu realizzata al momento della costruzione della Cittadella (inizio XV secolo), abbattendo un isolato. Su di essa prospetta la Cittadella (oggi Palazzo di Giustizia) e si trova il Monumento a Giuseppe Mazzini, bronzeo, di Augusto Rivalta (1888).
Percorrendo il Caroggio dritto in direzione ovest, si incontra Via delle Vecchie Mura, chiamata così perché vi correva la cinta muraria medievale che scendeva dal castello e, all’altezza di Via Martiri della Liberazione, vi si apriva la Porta di Rupinaro. Attraverso un antico sentiero si può arrivare al Castello (oggi proprietà privata), sorto nel 1167 per volere di Genova.
Ritornando sul Carrogio dritto e percorrendolo ancora verso ovest, si incontra il quartiere di Rupinaro, un tempo situato fuori dalle mura, e lungo Corso Millo e Corso Genova, si possono ammirare diverse ville otto-novecentesche, di gusto eclettico e liberty.