Anteriormente al Mille, il territorio sul quale nel XII secolo sarebbe sorto il borgo di Chiavari era percorso dall’antica strada litoranea diretta dal Levante e al Ponente ligure, che percorreva le colline di Bacezza, delle Grazie e di Rovereto (la linea di costa era molto più arretrata rispetto all’attuale), sulle quali si svilupparono gli insediamenti più antichi.
Tra i possedimenti donati dall’imperatore Ottone I al monastero di Bobbio con il diploma del 25 luglio 972, sono annoverate le ville di Caperana – Capellana – e Rì -Ripus –, sulle quali convergevano sia la via litoranea, sia quella diretta al piacentino attraverso la Valle Sturla e il Passo del Bocco; quest’ultima, in particolare, è disseminata di postazioni longobarde e di possessi bobbiesi mentre insediamenti longobardi sono individuabili lungo una seconda strada che dal territorio chiavarese si dirigeva in Emilia attraverso le Valli Fontanabuona e Aveto.
Nella zona di Rì esisteva, accanto all’insediamento di derivazione bobbiese, anche una corte appartenente alla Chiesa di Genova; altre proprietà ecclesiastiche erano localizzate nella zona di Caperana. Sulle alture di Maxena era concentrato un cospicuo patrimonio fondiario pertinente alla Chiesa genovese. Al 1059 risale la prima notizia relativa alla località di Sanguineto. Ai piedi del territorio di Maxena era la chiesa di San Pietro, menzionata nei documenti a partire dal 1164; intorno all’XI secolo si colloca la fondazione della chiesa con ospitale di San Giacomo, affacciata sul mare.
In un documento del 980 compare per la prima volta il toponimo Chiavari, che ritorna in un atto del 1031, con il quale Tedisio conte di Lavagna riceveva in locazione dal vescovo di Genova Landolfo diversi beni, tra cui alcuni in Valle Clavari, beni che sarebbero rimasti per secoli ai suoi discendenti.
Il Comune di Genova, nella sua espansione verso la Riviera, aveva trovato forti resistenze nel territorio dei Conti di Lavagna, sottomessi soltanto alla metà del XII secolo; ma ciò non fu sufficiente a sconfiggere il loro potere nel Tigullio, dove erano fortemente radicati e godevano di largo seguito. Nel 1167 i consoli genovesi decretavano l’erezione del castello di Chiavari, che avrebbe costituito un presidio genovese in loco.
Dato il persistere della resistenza dei Conti di Lavagna, nel 1178 veniva decisa la creazione del borgo, secondo un preciso piano urbanistico che prevedeva la creazione di quattro fasce edificabili delimitate da vie di percorrenza, individuabili ancora oggi nel centro storico. I Conti di Lavagna, però, trovarono il modo di insinuarsi a Chiavari attraverso gli insediamenti civili e le fondazioni ecclesiastiche.
I Fieschi e i Ravaschieri, le maggiori famiglie discendenti dal Comitato lavagnese, mantennero un ruolo di riferimento a Chiavari per tutto il Medio Evo e nell’Età moderna, contrastati dai Rivarola, da sempre schierati sull’opposto fronte politico. Nel corso del XVIII secolo Chiavari, come tutti i borghi del Levante ligure, andò assumendo un crescente grado di benessere economico e di crescita sociale e culturale, con la formazione di una nuova e potente classe borghese.
Nell’aprile 1791 nacque a Chiavari la Società Economica patrocinata dal marchese Stefano Rivarola, governatore della città – e fondata da personalità di spicco della classe imprenditoriale, del mondo intellettuale cittadino, della nobiltà e del clero più aperto -, sul modello della Società Patria per le Arti e le Manifatture, sorta a Genova nel 1786 per iniziativa di un gruppo di aristocratici illuminati, tra i quali il duca Gerolamo Grimaldi.
Chiavari conobbe un momento di particolare fulgore nel periodo napoleonico, quando fu prescelta quale capoluogo del Dipartimento degli Appennini ed elevata da Napoleone Bonaparte al rango di città.
Il radicamento delle idee illuministe aveva creato l’humus sul quale si innestò il pensiero risorgimentale, che trovò a Chiavari autorevoli esponenti.
E’ importante sottolineare che Chiavari fu terra d’origine dei fautori del Risorgimento nazionale – Giuseppe Mazzini (1805-1872), Giuseppe Garibaldi (1807-1882), i fratelli Nino (1821-1873) e Alessandro Bixio (1808-1865) – e che la Società Economica contribuì a creare un’efficace cultura unitaria: questa istituzione fu infatti centro di un appassionato e lungo dibattito durante il processo di unificazione italiana, nel corso del quale tutte le correnti di pensiero erano presenti, con il loro fecondo apporto.
Fu a Chiavari che Vincenzo Gioberti ricevette, per i suoi meriti di scrittore e animatore politico, una medaglia dalla Società Economica.